Computer senza hard disk

In un’ azienda con molti pc, ad esempio un call-center è sicuramente molto più comodo utilizzare computer con software centralizzato.
Su un server linux creiamo un file della grandezza del disco che vogliamo ottenere, ad esempio un file da 10 Gb con il comando dd if=/dev/zero of=pc1 bs=1024M count=10
Formattiamo il file come se fosse un normale hard disk con il filesystem che vogliamo, ad esempio con un vfat (mkfs.vfat dati) e poi lo montiamo in loop (mount -o loop dati /mnt/dati)
A questo punto ci istalliamo sopra il sistema operativo desiderato.
Nel server DHCP andiamo a nomenclare il mac address della scheda di rete del pc, gli assegnamo un ip statico, gli passiamo un kernel di boot tramite un TFTP server e gli diciamo di montare in NFS quel disco virtuale.
A questo punto non ci resta che riavviare il dhcp server per far leggere la nuova configurazione.
Facciamo partire il pc senza hard disk e nel bios diciamo di fare il boot via PXE, salviamo e riavviamo.
Questo metodo, non serve a risparmiare un hard disk, serve a facilitare la manutenzione, l’assistenza tecnica ed il backup dei dati. Per un sistemista è molto più facile spostarsi in un area del disco ed effettuare modifiche piuttosto che spostarsi dal proprio ufficio e recarsi da un utente con problemi.
Il punto debole di questa architettura è che se ha un problema il server centrale si blocca l’intera struttura. Per ovviare a questo si usano più server clusterizzati con più hard disk per ogni server configurati in raid.
In generale, per una buona sicurezza, 3 server in cluster con 4 dischi in raid 6 + 2 dischi in fault tollerance per ogni server è sufficiente per avere un parco di circa 300 computer.


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